L’ECCIDIO DI SUCCISA 15 MARZO 1944
L’ECCIDIO DI SUCCISA 15 MARZO 1944
L’imboscata della X Mas ai partigiani del Battaglione “Picelli”
L’imboscata della X Mas ai partigiani del Battaglione “Picelli”
Nei venti mesi dell’occupazione nazifascista, il paese di Succisa è stato un importante punto di riferimento per la Resistenza. Per questo, nel marzo 1944, il battaglione “Picelli” aveva scelto Villavecchia quale base per trascorrere le ore del giorno durante il trasferimento verso il Lago Santo dove avrebbe dovuto incontrare un altro battaglione della XII Brigata “Garibaldi” di Parma.
Nei venti mesi dell’occupazione nazifascista, il paese di Succisa è stato un importante punto di riferimento per la Resistenza. Per questo, nel marzo 1944, il battaglione “Picelli” aveva scelto Villavecchia quale base per trascorrere le ore del giorno durante il trasferimento verso il Lago Santo dove avrebbe dovuto incontrare un altro battaglione della XII Brigata “Garibaldi” di Parma.

Nel pomeriggio del 15 marzo 1944 la casa ai margini del paese dove i partigiani stanno aspettando la notte per proseguire nel cammino, viene presa di mira dai militi fascisti del battaglione “Lupo” della XMas arrivati da Pontremoli dopo essere stati avvisati da una donna del paese. Quando le sentinelle lanciano l’allarme l’edificio è quasi circondato e la reazione dei partigiani è utile solo a rallentare l’accerchiamento: il comandante, Fermo Ognibene “Alberto”, 26 anni, modenese di Campogalliano, ha subito chiaro che il rischio di annientamento del “Picelli” è enorme. Presa un’arma automatica organizza una postazione di disperata difesa dietro un grosso castagno: con lui sono il sardo Isidoro Frigau (20 anni) e il pontremolese Remo Moscatelli (19 anni). Cadono uno dopo l’altro sotto il fuoco dei nemici, ma quei pochi minuti di resistenza sono la salvezza dei compagni che riescono a ripiegare nel bosco. A Ognibene verrà assegnata al Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria; a Frigau e Moscatelli quella d’Argento. Nello scontro vengono feriti gravemente altri due partigiani: Antonio Pocaterra e Gino Fontanesi che vengono soccorsi dal parroco, don Quinto Barbieri e da alcune donne del paese incuranti del grave pericolo di ritorsioni da parte della Decima. A Fontanesi viene amputata una gamba, operato dal primario dell’ospedale di Pontremoli, dott. Uggeri, che collaborava clandestinamente con la Resistenza. La vendetta dei fascisti prende di mira il parroco che venne arrestato, incarcerato a Massa e picchiato così duramente da lasciargli conseguenze fisiche permanenti. Anche due donne che lo avevano aiutato nel soccorso ai partigiani, Zita Marzocchi e Tina Mari, sono incarcerate con l’accura di “favoreggiamento e collaborazione con forze ribelli” e poi rilasciate. Sono quelli i giorni dell’attacco partigiano al treno nella stazione di Valmozzola, della fucilazione dei partigiani del Monte Barca, dell’uccisione dei fratelli Silvio e Renato Galli a Vignola e di Luigi Ferrari a Casa Corvi. Episodi che evidenziano il clima di feroce repressione nazifascista contro il movimento partigiano e i civili.
Nel pomeriggio del 15 marzo 1944 la casa ai margini del paese dove i partigiani stanno aspettando la notte per proseguire nel cammino, viene presa di mira dai militi fascisti del battaglione “Lupo” della XMas arrivati da Pontremoli dopo essere stati avvisati da una donna del paese. Quando le sentinelle lanciano l’allarme l’edificio è quasi circondato e la reazione dei partigiani è utile solo a rallentare l’accerchiamento: il comandante, Fermo Ognibene “Alberto”, 26 anni, modenese di Campogalliano, ha subito chiaro che il rischio di annientamento del “Picelli” è enorme. Presa un’arma automatica organizza una postazione di disperata difesa dietro un grosso castagno: con lui sono il sardo Isidoro Frigau (20 anni) e il pontremolese Remo Moscatelli (19 anni). Cadono uno dopo l’altro sotto il fuoco dei nemici, ma quei pochi minuti di resistenza sono la salvezza dei compagni che riescono a ripiegare nel bosco. A Ognibene verrà assegnata al Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria; a Frigau e Moscatelli quella d’Argento. Nello scontro vengono feriti gravemente altri due partigiani: Antonio Pocaterra e Gino Fontanesi che vengono soccorsi dal parroco, don Quinto Barbieri e da alcune donne del paese incuranti del grave pericolo di ritorsioni da parte della Decima. A Fontanesi viene amputata una gamba, operato dal primario dell’ospedale di Pontremoli, dott. Uggeri, che collaborava clandestinamente con la Resistenza. La vendetta dei fascisti prende di mira il parroco che venne arrestato, incarcerato a Massa e picchiato così duramente da lasciargli conseguenze fisiche permanenti. Anche due donne che lo avevano aiutato nel soccorso ai partigiani, Zita Marzocchi e Tina Mari, sono incarcerate con l’accura di “favoreggiamento e collaborazione con forze ribelli” e poi rilasciate. Sono quelli i giorni dell’attacco partigiano al treno nella stazione di Valmozzola, della fucilazione dei partigiani del Monte Barca, dell’uccisione dei fratelli Silvio e Renato Galli a Vignola e di Luigi Ferrari a Casa Corvi. Episodi che evidenziano il clima di feroce repressione nazifascista contro il movimento partigiano e i civili.