Zeri

n.3

DANTE CASTELLUCCI

DANTE CASTELLUCCI

L’uccisione del comandante «Facio»

L’uccisione del comandante «Facio»

Anche la valle di Adelano ha visto numerosi episodi legati alla Lotta di Liberazione ed è stata duramente coinvolta dalla repressione nazifascisita. In questo luogo si è consumato l’atto finale della vita valorosa e dell’impegno del comandante del battaglione “Picelli”

Anche la valle di Adelano ha visto numerosi episodi legati alla Lotta di Liberazione ed è stata duramente coinvolta dalla repressione nazifascisita. In questo luogo si è consumato l’atto finale della vita valorosa e dell’impegno del comandante del battaglione “Picelli”

Qui, nei pressi di Casa Rocchino, nella valle di Adelano, all’alba del 22 luglio 1944, si è consumato il tragico finale di una delle vicende più drammatiche della Resistenza: la fucilazione di Dante Castellucci “Facio”, comandante del Battaglione “Guido Picelli”.
Nato in Calabria, a Sant’Agata di Esaro il 6 agosto 1920, emigra ben presto in Francia al seguito della famiglia. Rientra nel 1939, viene arruolato e inviato sul fronte russo; ferito sul finire del 1942 nella battaglia del Don, dopo la convalescenza non torna al reparto e fin dal settembre 1943 è tra i primi “ribelli” a combattere nazisti e fascisti nella “banda” dei fratelli Cervi. Inviato in Appennino dal PCI che sta organizzando le formazioni partigiane, nel gennaio 1944 entra nel “Picelli”, una delle prime “bande” del Parmense: comandante è Fermo Ognibene “Alberto”, poi caduto a Succisa il 15 marzo 1944 in uno scontro a fuoco con i militi fascisti della XMas.
Con la morte di “Alberto” il comando passa a “Facio”, nome che suscita ammirazione e speranza tra le popolazioni e timore fra i nemici. Dai connotati leggendari è la battaglia del Lago Santo Parmense dove, fra il 18 e il 19 marzo 1944, otto uomini al comando di “Facio” tengono testa ad un forte reparto nemico costringendolo alla ritirata.
Ma la sua presenza, caparbietà e integrità suscitano anche forti gelosie tra alcuni partigiani che vedono in lui l’ostacolo per progetti di egemonia sulla Resistenza nelle valli a monte della Spezia.
Convocato il 21 luglio nella sede del Comando a Casa Rocchino con un pretesto, “Facio” si presenta scortato da due compagni (Antonio Pocaterra e Libero Spuri) che tuttavia vengono subito minacciati di morte e costretti a fuggire, mentre il comandante viene disarmato e malmenato.
Subito dopo viene messo in scena il processo-farsa ordito da Antonio Cabrelli “Salvatore”, spalleggiato da altri uomini fino a poche settimane prima fedeli a “Facio”.
L’accusa, pretestuosa, contro Dante Castellucci è quella di aver sottratto dal lancio una piastra di mortaio senza la quale l’arma è inservibile. La sentenza di morte è già scritta da tempo e viene eseguita dopo una notte trascorsa da “Facio” nella cantina sotto sorveglianza armata.
Con la morte di Dante Castellucci si conclude la storia del Battaglione “Picelli”: nei giorni successivi molti dei partigiani rimasti fedeli a “Facio” si spostano nel Parmense e ad Adelano si organizza una nuova formazione, la Brigata “Matteotti-Picelli” al comando di Nello Quartieri “Italiano”.

Qui, nei pressi di Casa Rocchino, nella valle di Adelano, all’alba del 22 luglio 1944, si è consumato il tragico finale di una delle vicende più drammatiche della Resistenza: la fucilazione di Dante Castellucci “Facio”, comandante del Battaglione “Guido Picelli”.
Nato in Calabria, a Sant’Agata di Esaro il 6 agosto 1920, emigra ben presto in Francia al seguito della famiglia. Rientra nel 1939, viene arruolato e inviato sul fronte russo; ferito sul finire del 1942 nella battaglia del Don, dopo la convalescenza non torna al reparto e fin dal settembre 1943 è tra i primi “ribelli” a combattere nazisti e fascisti nella “banda” dei fratelli Cervi. Inviato in Appennino dal PCI che sta organizzando le formazioni partigiane, nel gennaio 1944 entra nel “Picelli”, una delle prime “bande” del Parmense: comandante è Fermo Ognibene “Alberto”, poi caduto a Succisa il 15 marzo 1944 in uno scontro a fuoco con i militi fascisti della XMas.
Con la morte di “Alberto” il comando passa a “Facio”, nome che suscita ammirazione e speranza tra le popolazioni e timore fra i nemici. Dai connotati leggendari è la battaglia del Lago Santo Parmense dove, fra il 18 e il 19 marzo 1944, otto uomini al comando di “Facio” tengono testa ad un forte reparto nemico costringendolo alla ritirata.
Ma la sua presenza, caparbietà e integrità suscitano anche forti gelosie tra alcuni partigiani che vedono in lui l’ostacolo per progetti di egemonia sulla Resistenza nelle valli a monte della Spezia.
Convocato il 21 luglio nella sede del Comando a Casa Rocchino con un pretesto, “Facio” si presenta scortato da due compagni (Antonio Pocaterra e Libero Spuri) che tuttavia vengono subito minacciati di morte e costretti a fuggire, mentre il comandante viene disarmato e malmenato.
Subito dopo viene messo in scena il processo-farsa ordito da Antonio Cabrelli “Salvatore”, spalleggiato da altri uomini fino a poche settimane prima fedeli a “Facio”.
L’accusa, pretestuosa, contro Dante Castellucci è quella di aver sottratto dal lancio una piastra di mortaio senza la quale l’arma è inservibile. La sentenza di morte è già scritta da tempo e viene eseguita dopo una notte trascorsa da “Facio” nella cantina sotto sorveglianza armata.
Con la morte di Dante Castellucci si conclude la storia del Battaglione “Picelli”: nei giorni successivi molti dei partigiani rimasti fedeli a “Facio” si spostano nel Parmense e ad Adelano si organizza una nuova formazione, la Brigata “Matteotti-Picelli” al comando di Nello Quartieri “Italiano”.

A sinistra: Dante Castelucci in costume di scena durante una rappresentazione teatrale. A sinistra e in basso: il Battaglione Picelli con il comandante «Facio», il quinto in piedi da sinistra (crediti: Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea). Sopra: la partigiana Laura Seghettini davanti al monumento dedicato a «Facio» ad Adelano di Zeri, nel 60° anniversario, luglio 2004.
A sinistra: Dante Castelucci in costume di scena durante una rappresentazione teatrale. A sinistra e in basso: il Battaglione Picelli con il comandante «Facio», il quinto in piedi da sinistra (crediti: Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea). Sopra: la partigiana Laura Seghettini davanti al monumento dedicato a «Facio» ad Adelano di Zeri, nel 60° anniversario, luglio 2004.